Sinossi del libro Avevo un pregiudizio

Il libro

Il libro racconta l’esperienza di un laboratorio poetico durante la formazione scolastica – ma senza voti né valutazioni – in un Centro di Formazione Professionale per dodici allievi, ragazze e ragazzi con differenti disabilità, ma tutti con problemi di tipo cognitivo piuttosto severi.

Avevo un pregiudizio è un libro che propone alcune novità:
​ l’esperienza creativa di ‘fare poesia’ è una proposta originale all’interno del panorama del circuito formativo dei giovani in generale e si è rivelata un’occasione evolutiva straordinaria per gli allievi disabili che si sono scoperti capaci e felici di mettere in parole e versi, sentimenti, immagini e fantasie;
​ il laboratorio prima e il libro poi, hanno portato cambiamenti positivi nella scuola stessa, che emergono anche dal volume stesso;
​ l’impianto di ricerca – con la descrizione della metodologia e di ciò che ‘viaggia nell’aria’ e vive nel ‘farsi’ del laboratorio – fornisce il senso di ciò che è avvenuto durante il laboratorio – poesia, relazioni e cambiamenti – e rende il libro uno strumento pratico per insegnanti e formatori che volessero ripetere l’esperienza;
​ la struttura del volume – con la presenza di più registri linguistici e l’articolazione di una storia a presenze molteplici, che conserva lo spessore della ricerca, ma anche la bellezza del registro narrativo e poetico – lo rende un libro-laboratorio capace di innescare vicinanza e cambiamenti di prospettive;
​ la lettura delle poesie e delle interviste agli allievi avvicina alla bellezza che emerge ‘dai margini del linguaggio’, suscita un potente sentimento di risonanza emotiva in grado di mettere in discussione il concetto di ‘normalità’ rendendo il libro un concreto strumento di cambiamento culturale.

Genesi

Il libro si muove da una ricerca-azione a matrice teorico-clinica sistemica che ha monitorato l’attività del laboratorio per due anni, con gli obiettivi di:
• verificare gli apporti alla formazione personale degli allievi coinvolti, ai loro cambiamenti psicologici (soprattutto in termini di autostima, di autonomia, fiducia in sé e nell’istituzione scolastica), cambiamenti che potevano avere a che fare con una conoscenza profonda di sé stessi, dei compagni e con la consapevolezza del loro fare poetico;
• dare forma all’esperienza individuando il metodo di lavoro e da quale epistemologia della conduttrice il laboratorio era retta (quali le condizioni che lo favorivano, portavano soluzioni e quali no)
• testare eventuali cambiamenti nell’intera istituzione scolastico-formativa che una esperienza così stava producendo.
Il libro nasce da un’accurata selezione di tutto il materiale prodotto in questi due anni: interviste ai ragazzi e alla conduttrice, ai formatori e agli operatori del territorio, focus-groups, osservazioni dell’autrice durante lo svolgersi del laboratorio, assunzione di materiale scritto – bozze delle produzioni poetiche dei ragazzi con le correzioni e la stesura finale – diario della formatrice che ha tenuto per un periodo, osservazioni di una precedente ricerca che aveva fatto l’autrice affinché ogni formatore del Centro individuasse le principali idee attorno al compito di insegnare, educare e formare.

Struttura

l testo si articola in tre parti.
Una prima, Deviazione laboratorio, nomina e indaga tutti gli elementi dell’esperienza durante il laboratorio: cosa ha guidato il ‘caso’ che lo ha fatto nascere, il clima relazionale al suo interno, qual è stata l’epistemologia della formatrice che ha favorito la specifica metodologia adottata, nonché il processo evolutivo e come si è svolto l’intero processo metodologico – esperienziale che ha portato i ragazzi a scrivere poesia.
La seconda parte, In forma di poesia, è composta dalle poesie di ogni partecipante, il cui valore e bellezza sono stati registrati anche dai poeti che, dopo la pubblicazione, le hanno lette.
In conclusione la terza parte, Scrivo la lettera consolabile. Stare ai margini del linguaggio, indaga, analizza e interroga la poesia di questi ragazzi e il senso del ‘fare poesia’ per loro: gli sviluppi psicologici e di conoscenza di sé attraverso la parola poetica, la fiducia e la libertà creativa. Ma anche il beneficio emozionale e metodologico che questa esperienza –fatta oggetto di ricerca e di scrittura- ha portato per il Centro di Formazione stesso.

L’esperienza dell’autrice

Umanamente fare questo libro – innestare il processo che poi ha condotto a scriverlo – mi ha dato la meraviglia di fronte alle poesie dei ragazzi e alle loro considerazioni durante le interviste, e mi ha portato alla necessità di una ricerca di scrittura in sintonia col contesto e i partecipanti.

Prima di “Avevo un pregiudizio” c’era una separazione netta tra i lavori professionali che avevo scritto, prevalentemente articoli e libri, e la scrittura creativa ovvero poesie e racconti,
Questo libro è stata una sfida – professionale e umana – nel trovare e produrre una scrittura che trascendesse le modalità tipiche dei diversi ‘settori’, per immaginare e realizzare altro che fosse al servizio di un luogo generativo e dei partecipanti che creavano in un contesto evolutivo di formazione.

La ricerca effettuata su questo laboratorio e la scrittura del libro sono state anche azioni per guardare e testare le convinzioni che reggono il mio fare poesia come pratica trasformativa e la professione focalizzata soprattutto su azioni di co-costruzione di concrete possibilità di empowerment.

Rispetto alla metodologia, ho sperimentato il modello sistemico in una ricerca assolutamente nuova, messa alla prova nella pratica poetica, producendo uno scarto, un punto di arrivo nella scrittura di una ricerca sistemica.

Infine, questo libro mi ha dato il piacere di costituirsi anche come proposta culturale: incontrare l’altro, il diverso da sé, traghettati da un linguaggio poetico.

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