Relazioni di cura come spazio poetico Annarosa Buttarelli 2016

Relazioni di cura come spazio poetico          Annarosa Buttarelli

Presentazione critica  al libro: Avevo un pregiudizio, viaggio tra formazione e poesia di Maria Grazia Chinato
Circolo della Rosa 26 febbraio 2016 Verona

 

Questo libro ha per protagonisti due Grazie, la formatrice che ha ideato e condotto il laboratorio con undici ragazzi con disabilità e Maria Grazia che ha scritto questo libro.

Questo laboratorio si è tenuto per qualche anno, così come Maria Grazia Chinato ha tenuto in gestazione per anni questo viaggio veramente sorprendente di cui poi parleremo ampiamente. È strutturato in tre parti: la prima che mette in luce la metodologia di questa scoperta veramente straordinaria che si è verificata in quel contesto, -e Maria Grazia Chinato lo fa magistralmente anche con una scrittura notevole- la parte centrale che è composta da poesie dei ragazzi che hanno partecipato a questo laboratorio e la parte finale che riflette sulla grazia che è accaduta cercando di rendere ancora più esplicito ciò che è accaduto in questo Centro Professionale e come cose come queste accadono e trasformano completamente le aspettative dell’intero contesto. Aspettative che, da normali e prevedibili intorno alla formazione, cambiano completamente insieme al grande cambiamento delle/dei protagonisti alle quale/ai quali erano dirette le azioni formative.

Non voglio commentare ciò che è già scritto benissimo, si può leggere direttamente dal libro, ma quello che posso fare io è parlare di queste donne che chiamo le umili ricercatrice di tesori nascosti, queste donne, nonostante la cultura, l’intelligenza e tutte quelle doti che potrebbero farle protagoniste di chissà quale presenza nella società, rendendosi molto più appagate di visibilità, si fanno umili ricercatrici di tesori nascosti.

Grazia e Maria Grazia hanno questo profilo dell’umiltà che cerca, in un’inquietudine profonda evidentemente, anche personale che è questa: quella di non essere soddisfatte dalla formazione personale, dalla tecnica di cui sono capaci di farsi vanto ogni tanto, ma vanno in cerca di tesori nascosti, quelli che rivelano la vita che si trasforma.

E questo è il come del succo di tutto quello che accade in questo libro di Maria Grazia Chinato e nel laboratorio di Grazia Capuzzo, che si prende compito di cercare i tesori nascosti e dà vita a quel laboratorio a partire da quel giorno fatidico in cui legge una poesia a questi ragazzi disabili (…). La poesia letta aprì qualche cosa, aprì qualche cosa d’importante quel giorno, aprì che cosa? Un silenzio, aprì qualcosa di particolarmente inedito nelle aule di questo Centro di Formazione Professionale, silenzio che apre uno spazio che non è più lo spazio abitato di prima.

Qui accade veramente qualche cosa; in quel momento Grazia sente che sta accadendo qualcosa di nuovo nella relazione tra lei e questi ragazzi, incomincia una intuizione chiamiamola così, e apre la possibilità di un laboratorio che propone loro.

Non apre una ricerca, non un commento sulla poesia o letture delle poesie ma sente che quel silenzio ha colpito qualche cosa che non bisogna lasciare cadere e inventa, e inventa il laboratorio di poesia in cui si fa poesia, si vive qualcosa che è fare poesia ed è questo fare poesia che introduce, da quel giorno in poi, quel salto che è il vero risultato del lavoro fatto durante gli anni.

Io lo chiamo un salto nella vita poetica, tutte le cose che capitano attraverso la poesia è stata anche l’introduzione ad un altro modo di vivere. Quel cambiamento ha introdotto questi ragazzi alla possibilità di non essere più considerati ‘carenti’ (in quanto aventi una disabilità), non più deficitari di qualcosa, ma li ha fatti entrare in una forma di vita che è la vita poetica.

Com’è la vita poetica?    È quella vita in cui vi è l’immediato sentire, l’entrare in contatto con quello che la vita produce all’interno di noi, nelle relazioni che teniamo con la vita stessa, con le altre/i, con il mondo; è l’esperienza principale e come esperienza principale è l’esperienza immediata.

L’immediatezza, è il tesoro che si cerca per arrivare ad un livello di intelligenza che è di tipo poetico, una forma di intelligenza cioè, che trasforma queste relazioni in relazioni in cui il sentire diventa il maestro di vita, in cui il sentire relazionale, in cui l’esperienza incarnata, possiamo dire, (in cui corpo e mente sono coinvolti insieme) diventa maestra di vita. E da quella ci si fa dettare quello che si capisce di ciò che ci capita nella vita e non il contrario, non partendo da letture prefabbricate, da letture e pensieri già pensati, da approcci disciplinari, da tecniche, da protocolli. Ognuno di noi si augura di avere questo insegnamento, di entrare nella vita poetica e lasciarci guidare, fare di ciò che ci capita ogni giorno la nostra maestra di vita perché questa è la vita, la vita è quella che ci cambia ogni giorno, siamo noi che resistiamo a questo quindi questo miracolo è avvenuto in questo centro di formazione.

Anche solo le poche poesie che abbiamo letto vi fanno rendere conto di come questi ragazzi siano entrati in una intelligenza molto particolare che li può far vivere in una relazione amorosa e di libertà.

Maria Zambrano diceva che quando la vita poetica accade quando si entra in una vita poetica, perchè accade la libertà, è lì che entra l’amore, nel sapere di poter leggere liberamente quello che ci capita ogni giorno (l’intelligenza è quella).

La domanda che ci si fa è come si fa a far accadere, o meglio ad accompagnare l’accadere di questi miracoli?

Non c’è una risposta, non c’è una risposta che si possa mettere nero su bianco, infatti, l’umiltà e la maestria di M. Grazia Chinato è che per leggere quello che accade, abbandona le sue tante formazioni, la sua maestria, tutta la sua visuale sistemico-relazionale (che le serve in altri momenti del suo lavoro nel C.F.P.) e per leggere quello che è accaduto lì fa un altro passaggio, quello che appunto le ricercatrici di tesori nascosti fanno.

Oggi mi sentirei di dire solo questo di quello che fanno e di quello che riguarda le due grazie: che sono due grazie in tutti sensi che questa parola può avere; è il loro nome, ma è anche la grazia che attraverso di loro ha lavorato in quel contesto lì, hanno un nome che è adatto a ciò che è capitato.

Le due Grazie che caratteristiche hanno?   Intanto -prima l’ho già detto, adesso lo dico così- sono già due fuoriclasse, parola che ha più sensi e tutti i sensi, in questo caso sono esatti, loro sono persone fuori dal comune ma sono anche fuori classe, per esempio, il laboratorio non ha più l’aspetto del rendimento scolastico -tanto è vero che all’interno dell’orario scolastico in cui avviene il laboratorio Grazia Capuzzo libera questa attività dalla valutazione scolastica; sembra un gesto quasi banale, ma in realtà all’interno dell’orario scolastico fare una attività senza valutazione è un primo passo da fuoriclasse che permette di uscire dall’ovvietà. Non è un gesto scontato quello di sottrarre ad una valutazione quantitativa; poi si sono fidate dell’intuizione, diciamo che la prima a fidarsi dell’intuizione è la Grazia Capuzzo che appunto che da quel silenzio che si crea nell’aula dopo la lettura della poesia di Nino viene presa da un’intuizione E’ uno dei primi passaggi di quando avviene l’evento, e però il problema è fidarsi.

Il come si fa incomincia da qua dal fidarsi dell’intuizione (ci si dovrebbe fidare, ma non è operazione che riguardi il dovere) il fidarsi è punto importante del come si fa e poi vuole una certa gioia, una certa capacità di gioire che viene dal delirare.

Se si legge il racconto dettagliato che fa Grazia, ci si rende conto che in quella classe avviene un delirio, le poesie sono deliranti: intanto non hanno una lingua perfetta, usano un italiano che non è certo un italiano da ricerca poetica, diciamo, ma da una riforma della lingua che viene dal delirare.

E però qui il delirio ha proprio quell’aspetto trasformatore, ci si fida di questo delirio. E tutto il pregiudizio sui deficit cognitivi, su tutto questo mondo affrontato disciplinarmente, uscire da tutto questo è un delirare. È uscire dal sentiero tracciato, quello comodo. E bisogna fidarsi che il delirio porti da qualche parte che è una vita nuova.

E sono le tre cose che io oggi mi sento di dire, che esauriscono oggi il mio contributo sul come può accompagnare l’accadere di questi miracoli.

Tutti i fenomeni che avvengono in questo modo si aprono grazie ad una sottrazione alle funzioni; a tutto quello che tende a rendere sistematico, tutto ciò che si fa invece, è fidarsi dell’evento che non ha nulla a che vedere con ciò che è disciplinato.

Maria Grazia Chinato parla di sbaglio, quello che io chiamo delirio, che è ciò che esce dai percorsi disciplinari, quello che è fuori dalle funzioni, da ciò che è diretto socialmente, lavorativamente. Quando si sbaglia, si delira, cioè si deraglia, lì ha inizio l’evento. Lei scrive bisogna fare tesoro dello sbaglio perché è nello sbaglio che si apre la novità, e poi lei parla di evento, di insight, di desiderio di pensiero, traccia proprio questa stringa di parole, di nomi, per indicare -li chiama elementi combinati.

Maria Grazia Chinato traccia insight (intuizione), il desiderio (non dimentichiamoci della gioia del delirare, se non c’è quella .. .) e poi c’è il pensiero, (non so se c’è una sequenza temporale, forse sì, perché c’è un passaggio in quella che chiamiamola presa di coscienza elaborazione di ciò che sta avvenendo che permette alla maestra di governare questo passaggio.  Ecco questi elementi combinati, nella mattina del 2006 in cui tutto cominciò sono come dire il segreto, questi nomi sono il segreto di tutto.

Maria Grazia Chinato ha molti riferimenti, citazioni dotte, sono tutte opportune, cioè ogni passaggio, ogni sua elaborazione del percorso fatto da Grazia Capuzzo e da questi ragazzi è commentato e intrecciato da ispirazioni che le vengono da mondi scientifico, filosofico e artistico, però tutti questi riferimenti, molto numerosi e complessi, li usa per sostenere la possibilità e la plausibilità del miracolo quotidiano; questa è una cosa che ha destato molto la mia ammirazione.

Qui ho proprio sentito quella che ho chiamato umiltà, che è una virtù alla quale pochi possono accedere, una virtù magnifica perché questo tipo di lavoro permette di trovare il miracolo nel quotidiano e del quotidiano, di mettere a servizio di questo le teorie che riescono a dire bene ma che se non sono al servizio del miracolo quotidiano diventano tecnica.

E la mia ammirazione consisteva e consiste nel fatto che M. Grazia Chinato ha fatto il salto anche lei, tutta la sua preparazione e competenza resta e serve al suo lavoro, ma la mette a questo servizio.

1 Anche lei poeta legata visceralmente alla poesia; una di quelle maestre che piacerebbero a Maria Zambrano
2 Nel senso etimologico del termine, cioè uscire dal sentiero tracciato, che sarebbe quello della performance scolastica.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *